Il rischio nell’utilizzo di sostanze chimiche pericolose

Il rischio connesso all’uso di agenti chimici pericolosi, da qui in poi denominato per semplicità rischio chimico, e all’uso di agenti cancerogeni e mutageni, denominato per semplicità rischio cancerogeno, è funzione della probabilità che si verifichi un potenziale danno alla salute alle condizioni di uso ed esposizione, e del livello di danno prodotto.

Esistono diverse attività lavorative che possono esporre i lavoratori ad agenti o a prodotti chimici e ciò può rappresentare un rischio sia per la salute (intossicazione acuta e cronica, ustioni chimiche, effetti mutageni, cancerogeni, ecc.), sia per la sicurezza (incendio, esplosione) dei lavoratori.

L’utilizzo di una sostanza chimica non costituisce, di per sé, necessariamente un rischio effettivo per la salute, in quanto questo dipende e deriva solo dalle caratteristiche tossicologiche della sostanza ed, in funzione di queste, dalle modalità del contatto che si realizza nel corso dell’attività lavorativa.

La procedura di valutazione del rischio di esposizione ad agenti chimici, ha connotazioni peculiari rispetto alle valutazioni di attività in cui si fa uso di agenti chimici in cicli produttivi (industriali), nei quali si è in presenza di livelli d’emissione relativamente alti e sufficientemente costanti nel tempo. Attività per le quali può avere significato fare indagini ambientali al fine di confrontare i risultati con i valori limite di riferimento.

Nel settore dei rischi relativi alle sostanze chimiche, il “linguaggio” è fondamentale; si parla, infatti, di:

  • Agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato.
  • Agenti chimici pericolosi:

1) Agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del D.Lgs. 3 febbraio 1997, n. 52 e s.m.i., nonché gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto Decreto. Sono escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente;

2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del D.Lgs. 14 marzo 2003, n. 65 e s.m., nonché gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto Decreto. Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l’ambiente;

3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base ai punti 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale.

  • Valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato nel D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., negli allegati XXXVIII per gli agenti chimici e XLIII per i cancerogeni
  • Agente cancerogeno Composto che, per azione protratta nell’organismo umano, può determinare neoplasie, nei soggetti esposti, anche a distanza di anni dal momento della cessazione dell’esposizione stessa.
  • Agente mutageno Sostanza che può indurre mutazioni nelle cellule viventi, dove con il termine mutazione si intende che una cellula non ha più la stessa composizione genetica delle altre cellule dell’organismo

L’utilizzo di tali agenti chimici prevede la disposizione di controlli medici costanti tramite:

  • Sorveglianza sanitaria: La valutazione dello stato di salute del singolo lavoratore in funzione dell’esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro.

La numerosa legislazione italiana ed europea insieme all’accresciuto interesse sull’argomento in questione ha contribuito a sviluppare una nuova “cultura della sicurezza” per l’utilizzo e la manipolazione di numerosi agenti chimici. Questa nuova cultura passa attraverso una valutazione più attenta e profonda, sotto il profilo della sicurezza e salute dei lavoratori, della “pianificazione del metodo analitico“.

Il processo di pianificazione si compie anche attraverso una attenta conoscenza delle sostanze chimiche manipolate. Ecco perché è necessario saper leggere le etichette e le schede di sicurezza.

La conoscenza delle caratteristiche di pericolosità delle sostanze è un elemento indispensabile affinché possano essere impiegate limitando il rischio per gli addetti al più basso livello possibile. Infatti le statistiche indicano fra le principali cause di incidente nei luoghi di lavoro con presenza di agenti chimici, la mancata conoscenza, da parte degli operatori, di ciò che si manipola.

Per tale motivo è nata la necessità di classificare gli agenti chimici, in funzione dei possibili rischi per la salute (ad esempio agenti chimici molto tossici, tossici, nocivi, irritanti, sensibilizzanti, tossici per il ciclo produttivo, cancerogeni, mutageni) e/o rischi per la sicurezza (ad esempio agenti chimici esplosivi, infiammabili, facilmente infiammabili, estremamente infiammabili, comburenti, corrosivi).

Per identificare in modo chiaro ed univoco gli agenti chimici in base alla loro pericolosità esistono, attualmente, diversi sistemi di classificazione ed etichettatura a livello mondiale. La differenza tra i vari sistemi è tale per cui può capitare che una stessa sostanza possa essere classificata come “tossica” “nociva” “non pericolosa” a seconda del sistema utilizzato. Al fine di eliminare queste differenze e migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente in tutti i paesi, è stato sviluppato un Sistema Globale Armonizzato (GHS) per la classificazione e l’etichettatura dei prodotti chimici, sotto l’egida delle Nazioni Unite, il quale è stato adottato dall’Unione Europea attraverso il Regolamento “CLP” (CE) n. 1272/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al Regolamento CE n. 1907/2006 (REACH) il quale, entro il 2018, andrà a sostituire il sistema di classificazione attualmente vigente a livello europeo.

REACH (acronimo di Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemical substances) è il regolamento Europeo n. 1907/2006 per la Registrazione, la Valutazione, l’Autorizzazione e la Restrizione delle sostanze chimiche. È entrato in vigore il 1 giugno 2007 per rendere più efficace e migliorare il quadro legislativo precedente sulle sostanze chimiche nell’Unione Europea (UE). REACH attribuisce all’industria una maggiore responsabilità sulla gestione dei rischi che le sostanze chimiche possono presentare per la salute e l’ambiente.

In linea di massima, tale regolamento si applica a tutte le sostanze chimiche, non soltanto agli agenti chimici impiegati nei processi industriali, ma anche a quelli usati nella vita quotidiana (per esempio nei prodotti di pulizia, nelle vernici e in articoli quali capi di abbigliamento, mobili e apparecchi elettrici); esso si applica alla fabbricazione, all’immissione sul mercato o all’uso di sostanze in quanto tali o in quanto componenti di preparati o articoli, e all’immissione sul mercato di preparati.

Gli obblighi descritti dal REACH non si applicano direttamente a preparati e articoli (ad eccezione delle prescrizioni per le schede dati di sicurezza e gli scenari d’esposizione, che si applicano anche ai preparati) bensì alle sostanze in essi contenute. Il REACH non si applica invece: alle sostanze radioattive, assoggettate a controllo doganale, intermedie non isolate oltre che ai rifiuti e al trasporto. Inoltre una serie di sostanze è esente da alcune parti delle disposizioni REACH, nei casi in cui si applica un’altra normativa equivalente (per esempio per le sostanze usate nei prodotti medicinali). Per ora, i polimeri sono esenti dalla registrazione e norme speciali si applicano agli agenti usati per la ricerca e lo sviluppo e alla registrazione di sostanze intermedie isolate.

Gli obiettivi che si vogliono raggiungere con il REACH sono:

  1. Migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente contro i possibili rischi presentati dalle sostanze chimiche;

  2. Aumentare la competitività dell’industria chimica dell’UE;

  3. Promuovere metodi alternativi per la valutazione dei pericoli delle sostanze chimiche;

  4. Garantire la libera circolazione di sostanze nel mercato interno dell’UE.

Integrato a REACH è stato approvato il regolamento CLP (CE) n. 1272/2008 (acronimo inglese di Classification, Labelling and Packaging) sulla classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze e delle miscele pericolose che, dal 2010 al 2015 vige in sovrapposizione al DPP e DSP e dal 2015 abroga le direttive sopra citate (67/548/CEE e 1999/45/CE).

Inoltre modifica il regolamento (CE) n. 1907/2006. Il regolamento CLP attua quanto previsto dal sistema GHS (acronimo di Globally Harmonized System, in italiano: Sistema mondiale armonizzato di classificazione ed etichettatura delle sostanze chimiche) il quale è costituito da una serie di raccomandazioni internazionali, la cui applicazione è facoltativa; l’UE ha voluto rendere obbligatorie tali raccomandazioni integrandole nel diritto comunitario; dal 2009 i criteri del sistema GHS sono quindi inclusi nella normativa che disciplina i trasporti nell’Unione Europea. Il regolamento CLP completa alcune classi o categorie di pericolo non presenti nell’attuale normativa UE relativa alla fornitura e all’utilizzo, ma che già sono parte del sistema di trasporto nell’ambito della UE; esso, si integra pienamente con il REACH e da questo ha acquisito alcune disposizioni fra cui:

  1. Obbligo per le aziende di classificare le proprie sostanze e miscele e notificarne le classificazioni;

  2. Elaborazione di un elenco armonizzato di sostanze classificate a livello comunitario;

  3. Definizione di un inventario di classificazione ed etichettatura costituito da tutte le notifiche e classificazioni armonizzate di cui sopra.

Come fare per riconoscere i pericoli che celano le sostanze chimiche?

A) L’etichetta rappresenta una fonte di informazione per l’utilizzatore e consente di evitare malintesi ed errori di manipolazione delle sostanze chimiche; aiuta nelle operazioni di stoccaggio ed è utile in caso di infortunio e fornisce indicazioni sulla gestione dei residui e la protezione dell’ambiente. Le etichette ed i simboli di pericolo costituiscono uno strumento rapido ed importante per il riconoscimento dei pericoli. Il contenuto dell’etichetta deve essere tradotto nella lingua del Paese di utilizzo del prodotto. Secondo il D.Lgs. 81/08 Titolo V, anche i recipienti utilizzati sui luoghi di lavoro e le relative tubazioni visibili, destinati a contenere o trasportare sostanze e preparati, devono essere muniti dell’etichettatura prescritta.

Nell’attuale classificazione prevista dalla UE, l’etichetta consente quindi di individuare sinteticamente i principali rischi chimico-fisici e tossicologici (rischi per la sicurezza e per la salute) connessi con la normale manipolazione ed utilizzazione, fornisce informazioni: sui pericoli più gravi con simboli, tramite le frasi di rischio (frasi R) si hanno informazioni sulla natura dei rischi, tramite i consigli di prudenza (frasi S) si danno informazioni sintetiche su come operare in sicurezza. Nel caso di una sostanza l’informazione è completata dal nome chimico, dal numero CE della sostanza e dal nome, indirizzo e numero di telefono del responsabile comunitario dell’immissione in commercio. Nel caso di preparati l’informazione è completata dal nome commerciale del prodotto e dalla denominazione chimica delle sostanze presenti. Infine, l’etichetta contiene indicazioni relative al produttore.

B) Le Schede Dati di Sicurezza sono i principali vettori di informazione per gli utilizzatori oltre che lo strumento fondamentale per la valutazione del rischio chimico, in quanto forniscono una panoramica completa delle proprietà chimico/fisiche e tossicologiche e delle indicazioni per la corretta manipolazione. Le informazioni contenute nelle SDS possono costituire il punto di partenza per individuare i pericoli a cui i lavoratori sono esposti e le misure di controllo necessarie. Tuttavia fino a quando il regolamento REACH non sarà a regime e comunque per quelle tipologie di sostanze da questo non gestite, non tutte le potenziali condizioni di utilizzo possono vengono dal produttore; in questo caso quindi, le misure di protezione raccomandate nelle SDS devono essere adattate alle condizioni specifiche di ogni luogo di lavoro. Le schede devono essere sempre mantenute aggiornate in quanto le conoscenze scientifiche sui prodotti ed i dati statistici epidemiologici possono portare a dati ed indicazioni diversi. Gli stessi aggiornamenti normativi possono portare a nuove classificazioni dei prodotti che comportano necessariamente una revisione periodica delle SDS da parte del produttore-

C) Un ulteriore strumento previsto dal D.Lgs. 81/08, Titolo V, utile per rispettare gli standard di sicurezza nei luoghi di lavoro sono i segnali di avvertimento e di sicurezza, che completano le misure di prevenzione e protezione previste. Sono definite diverse categorie di segnali caratterizzate da forme e colori standardizzati fra cui, ad esempio i cartelli di pericolo, di forma triangolare, completamente colorati di giallo e con il pittogramma nero che specifica la pericolosità della sostanza/miscela.

Inoltre sempre il D.Lgs. 81/08, Titolo V, prevede che i recipienti, i serbatoi, le tubazioni e le canalizzazioni contenenti liquidi o gas nocivi o pericolosi devono essere chiaramente identificati nel contenuto e contrassegnati con i relativi simboli di pericolo; inoltre, dove, per esigenze tecniche, si usino sigle o colorazioni particolari è necessario specificare il significato con apposita tabella. Tale disposizione non si applica ai recipienti il cui contenuto cambia con frequenza (ad es. beker, provette, beute), purché gli addetti vengano informati o formati per garantire comunque un livello identico di protezione. La segnaletica di sicurezza fa parte di quelle fasi di informazione, formazione e addestramento degli addetti che costituiscono un passaggio obbligato per ottenere condizioni di lavoro ottimali per la sicurezza e la salute.

Come proteggersi?

I Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) devono essere impiegati quando non è possibile evitare, ridurre o fronteggiare adeguatamente i rischi con misure tecniche di prevenzione, con sistemi di protezione collettiva o con una differente organizzazione del lavoro20.

Per DPI si intende (Titolo III capo II art. 74 D.Lgs. 81/08): qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale fine. La scelta di un DPI comporta una serie di valutazioni e di verifiche fra cui l’efficacia, l’efficienza e gli aspetti ergonomici.

È necessario che i DPI siano efficaci relativamente al rischio residuo dal quale devono proteggere e quindi identificati in ordine ad una attenta valutazione, strettamente personali, mantenuti in costante efficienza ed in condizioni igieniche appropriate, sostituiti quando necessario, corredati delle necessarie informazioni (in lingua italiana o comunque in lingua comprensibile dal lavoratore) sui rischi dai quali proteggono e della formazione e addestramento sul loro corretto impiego. Devono essere tali da non creare disagi ed essere ergonomicamente adatti. Oltre ai requisiti essenziali di protezione, nella scelta dei DPI è necessario tenere conto anche delle caratteristiche specifiche del luogo di lavoro e del lavoratore. Inoltre in caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra di loro compatibili e tali da mantenere inalterata la propria efficacia nei confronti dei rischi corrispondenti.

Sono oltre tutto da considerare tutti quegli elementi che rendono il DPI ergonomico per l’operatore che sarà di conseguenza più invogliato ad utilizzarlo e cioè:

  • Non creare impedimenti particolari o eccessivi all’operatività;
  • Essere adattabile al lavoratore, comodo e ben tollerato;
  • Essere facile da indossare e da togliere in caso di emergenza;
  • Le parti a contatto con l’epidermide devono essere compatibili con la stessa. Inoltre la manutenzione deve essere semplice e non compromettere l’efficienza del dispositivo.