Corsi di formazione e sicurezza sul lavoro

Lavoratori, dirigenti, preposti: corsi di formazione e sicurezza sul lavoro

Secondo gli articoli 36 e 37 del D.Lgs 81/08 la formazione e l’informazione dei lavoratori è un punto sostanziale per aumentare la percezione dei pericoli aziendali presenti nelle normali attività lavorative.

Chi ha l’obbligo di formarsi?

Poiché tutti i lavoratori, dirigenti, preposti, rappresentati e responsabili sono parte attiva di un processo complesso che è quello della valutazione dei rischi (formalmente a carico del datore di lavoro), tutti hanno obbligo di formarsi ed aggiornare periodicamente le competenze tramite appositi corsi di formazione ed aggiornamento.

In rete si trova, ormai, davvero di tutto ma non sempre la formazione è attendibile: bisogna stare attenti a non incappare in certificati fasulli e non riconosciuti ma affidarsi ad aziende qualificate e specializzate nell’erogazione di formazione on line ed in aula.

I corsi consentono di adempiere, ai sensi dell’Accordo Stato Regioni del 21/12/11 repertorio atti n. 221/CSR, alla formazione obbligatoria e all’aggiornamento periodico per tutte le figure della sicurezza: lavoratori, preposti, dirigenti, RLS, RSPP di tutti i macro settori ATECO. Il programma dei corsi è studiato per illustrare ed approfondire le responsabilità delle principali figure richiamate dal Titolo I del D. Lgs. 81/08, nonché per fornire le nozioni di base per comprendere i principi della valutazione dei rischi, dalla quale scaturiscono tutte le misure di sicurezza per tutelare la salute e sicurezza nelle aziende.

Come sviluppano i corsi?

Tra le altre indicazioni dell’accordo stato/regioni 2016 si evidenzia l’individuazione del numero massimo di partecipanti ad ogni corso che non può superare le 35 unità; l’obbligo di frequenza di almeno il 90% delle ore di formazione previste e la declinazione dei contenuti tenendo presenti le differenze di genere, di età, di provenienza e di lingua. Nei confronti dei lavoratori stranieri i corsi vanno realizzati previa verifica della comprensione della lingua oppure in presenza di traduttore.

E’ consentita, inoltre, la formazione a distanza (FAD) secondo modalità e – learning:

– per la formazione generale dei lavoratori (4 ore);

– per la formazione dei preposti (solo per i contenuti indicati nei punti da 1 a 5);

– per l’intero percorso formativo per i dirigenti;

– per tutti i corsi di aggiornamento.

 

Chi è responsabile della formazione dei lavoratori?

Il datore di lavoro, secondo gli articoli 36 e 37 del Decreto. Come da articolo 2, il datore di lavoro è ‘’il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.

Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo’’.

In materia di responsabilità, la prima linea portante introdotta con i decreti legislativi di origine comunitaria è la centralità della figura del datore di lavoro; questo non è un concetto del tutto nuovo, nel senso che anche prima del 81, nella gerarchia dei soggetti tenuti ad applicare le norme in materia, il datore era al primo posto e in questo senso la sua posizione è rimasta immutata.

La centralità del datore di lavoro nel 81 è un concetto giuridico più articolato, nel senso che il datore di lavoro non è più chiamato ad attuare a pioggia i singoli precetti della prevenzione, ma è obbligato a dotarsi di una rete organizzativa e gestionale che adesso diventa obbligatoria e la cui mancanza è penalmente sanzionata (art.30 ma solo per le aziende private); quindi adesso il datore di lavoro non può adottare discrezionalmente qualsiasi modello organizzativo (come peraltro alcuni enti pubblici hanno continuato a fare). La differenza sostanziale con la 626 sta nel fatto che all’interno dell’81 esiste l’istituto della delega (art.16) che aiuta sostanzialmente alla riorganizzazione delle responsabilità.

Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.

COSA ACCADE SE UN LAVORATORE SI RIFIUTA DI SEGUIRE UN CORSO DI FORMAZIONE?

Per la risposta si riporta un intervento tecnico di esperti in formazione e sicurezza sul lavoro. Si suppone che un rappresentante dei lavoratori alla sicurezza, non vuole partecipare ai corsi di formazione previsti dall’articolo 37:
<< Il RLS ha diritto alla formazione specifica come indicato con precisione dall’art. 37, comma 10 del D.Lgs. n. 81/2008: “Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi” e ribadito, per le funzioni della rappresentanza territoriale dall’articolo 48, comma 7.”

Obbligo del datore di lavoro è unicamente quello di mettere a disposizione del rappresentante i corsi di formazione necessari, ma non si ritiene che sul RLS possa essere esercitato un potere coercitivo derivante, ad esempio, dal rispetto dell’art. 20, comma 2, lett. h) che impone ai lavoratori l’obbligo di partecipare ai programmi di formazione previsti nei loro confronti in quanto, in questo caso, il lavoratore (cui si riferisce il predetto obbligo) deve essere inteso nella sua qualità di RLS (paradossalmente, dovrebbe altrimenti essere sanzionato, in virtù del medesimo obbligo, un rappresentante territoriale che rifiutasse di sottoporsi alla medesima formazione – pur questi non essendo un lavoratore – altrimenti si determinerebbe un’inaccettabile disparità di trattamento).
Del resto nessuna responsabilità potrebbe essere attribuita al datore di lavoro in grado di dimostrare di aver messo a disposizione la necessaria formazione al RLS eletto o designato dai lavoratori. Piuttosto, dovrebbero essere questi ultimi a pretendere che il loro rappresentante si formasse adeguatamente per svolgere compiutamente i compiti che la norma gli assegna.

È al contrario priva di fondamento la tesi secondo la quale il ruolo di RLS determinerebbe di fatto un ruolo di preposizione. Secondo la vigente normativa, il preposto deve sovrintendere l’attività dei lavoratori, garantire l’attuazione delle direttive ricevute controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori.
Nessuno di questi compiti rientra tra le attribuzioni del RLS e potrebbe ciò essere frutto solo di una distorsione di ruoli. Piuttosto, in astratto, senza che vi sia mai stata una pronuncia in tal senso da parte della magistratura, l’unico obbligo rinvenibile tra le attribuzioni di cui all’art. 50 del D.Lgs. n. 81/2008 potrebbe essere quello di cui alla lett. n) che prevede che il RLS avverta il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corso della propria attività.

Considerato che il RLS è un soggetto a designazione democratica e popolare, chiamato a compiere un ruolo fiduciario per investimento diretto da parte dei lavoratori o delle loro rappresentanze e che, per la tutela della salute dei lavoratori che lo hanno eletto o designato, la norma gli attribuisce un compito-dovere di segnalazione, ciò potrebbe (in astratto, come si diceva) derivare anche una certa responsabilità (che nulla ha comunque a che vedere con l’obbligo di segnalazione del preposto).

Ciò avvalora la tesi che il RLS debba essere sufficientemente e adeguatamente formato, ma il soggetto obbligato a pretendere che egli si formi (se di obbligo può parlarsi) dovrebbe essere in questo caso l’assemblea dei lavoratori per i quali egli svolge il ruolo di rappresentante, essendo unico obbligo del datore di lavoro quello di garantire la possibilità che egli si formi e si aggiorni.